venerdì 15 febbraio 2013

Come devono cambiare la scuola e il calcioAi giovani vanno aperte le porte del lavoro in ogni professione: la lettera del direttore generale della Lega Pro Francesco Ghirelli


ROMA - Ai giovani vanno aperte le porte del lavoro in ogni professione. L’Italia è un paese respingente, non ha alcuna intenzione di includere i giovani. Facendo così si consegna il paese al declino. La Lega Pro sceglie i giovani e senza timore combatte contro chi si oppone. Nello stesso tempo, è necessario parlare il linguaggio della verità: a ventidue anni si è giovani anagraficamente, ma se si gioca ancora nell’ex serie C non ci sono più molte speranze per una carriera in serie A e/o B. Per non far crescere l’esercito degli “sbandati” è meglio che si dica: vai a giocare felicemente in Lega Dilettanti e, contemporaneamente, prosegui gli studi e/o lavora. Un ottimo discorso, sensato, è quello qui proposto. Si potrebbe obiettare: ma voi concretamente cosa fate perché si crei un rapporto virtuoso tra scuola/formazione e calcio? La nostra idea è di lavorare perché ci si consenta un contratto di “apprendistato” (si potrebbe chiamare in altro modo) per i giovani calciatori, capace di dare la dovuta importanza alla formazione scolastica degli stessi. Necessita, senza ombra di dubbio, la realizzazione di un rapporto innovativo tra il sistema scolastico ed i giovani calciatori, che permetta loro di non dover sacrificare ore di didattica. Chi gioca in “Primavera” o nella “Berretti” regolarmente perde da uno a due giorni (venerdì e sabato) alla settimana di scuola per andare a giocare. In più vengono considerati dei rompiscatole, dei privilegiati e non è vero! La scuola è talmente importante che una scelta da parte nostra si impone: chi non frequenta con risultati di eccellenza non troverà spazio nel calcio. E’ una rivoluzione questo assunto, se si ricorda che non molto tempo fa ai giovani si diceva: “Pensa a giocare a pallone e a nient’altro”. La scuola, la formazione servono per trovare un equilibrio maggiore tra pratica sportiva e vita quotidiana e, soprattutto, a rendere più agevole la fuoriuscita dalla professione calcistica. E quando sono in attività a capire meglio le tattiche di gioco e anche ad essere più attrezzati contro ogni pratica truffaldina (doping, scommesse ecc.) Per realizzare questo progetto l’Istituzione scolastica deve creare moduli flessibili di formazione. Nel caso dei giovani calciatori, ad esempio, dovrebbe raggruppare le ore scolastiche. Lo stesso discorso vorremmo farlo con l’Università. Il calcio, la Lega Pro sono pronti a cambiare, ci auguriamo che l’Istituzione scolastica italiana lo sia ugualmente. Contiamo su cosa? Sul governo tecnico di Monti e sull’ autonomia didattica che gli istituti e gli Atenei dispongono. Sarebbe importante iniziare, poi l’onda potrebbe diventare più grande.

I corsi tenuti dai componenti del Comitato Scientifico si sono svolti a Roma (19 e 26 marzo 2012) e a Milano (20 e 27 marzo 2012). Nella prima fase, le lezioni del Prof. Giovanbattista Negretti e del dott. Maurizio Bucarelli “L’organigramma tipo per la gestione delle attività connesse”; del dott. Michele Quaranta “Una corretta gestione delle attività connesse”; del dott. Aldo Piceni “L’organizzazione amministrativa di una società di calcio” hanno dato un quadro di insieme e di concretezza. Nella seconda fase i materiali che saranno raccolti in dispense affinché possano essere ultimati nel territorio, nelle società. Niente va disperso, ogni atto va sfruttato al massimo, questo è ciò che ci guida. I corsi di base, organizzati dalla Lega Service, avranno lo scopo di preparare i dirigenti dei club ad affrontare, con cognizione di causa, le scadenze più importanti nella vita delle società. Qualche esempio concreto? Il 2 maggio 2012 a Firenze saranno convocate le società dell’Interregionale promosse o in pole position per esserlo, e a loro si forniranno documenti, informazioni, conoscenze affinché possano più agevolmente valicare il “Rubicone”, cioè il passaggio dal dilettantismo al professionismo. Non c’è passaggio più difficile per una società. E, poi, i corsi si organizzeranno per il tesseramento, la fiscalità ecc. Il disegno è chiaro: la conoscenza e lo studio sono le risorse da mettere in campo. I presidenti dei club debbono investire in questa operazione “è meglio non acquistare un nuovo calciatore e procedere all’acquisizione di dirigenti capaci”.

Francesco Ghirelli
Direttore della Lega Pro


Quando in campo bastava la fantasia e la squadra si faceva a "pari o dispari"


La cultura del calcio è drasticamente cambiata negli ultimi 50 anni. Oggi il Settore giovanile della Federcalcio ha 700mila tesserati sotto i 16 anni e 7mila scuole calcio. Gianni Rivera, che ne è il presidente, spiega perché si dovrebbe ritrovare lo spirito di allora ed evitare che nell'educazione dei giovani calciatori prevalga la logica del successo e del denaro. Negli anni '50, una palla, per le strade di Alessandria, rotolava più facilmente. Poche macchine - in generale, poche nel mondo - disturbavano la quiete e anche noi ragazzi che, dopo la scuola, ci affrontavamo in interminabili partite. Nessuna riga a delimitare il campo, quattro cartelle o quattro sassi per le porte, pari e dispari per scegliere i compagni e decidere le squadre. Oltre al pallone, non serviva molto altro e si giocava in quanti si era: due contro due, cinque contro quattro col portiere volante, sette contro sette e non c'era limite al campo e alla fantasia.. Partite memorabili, le cui azioni ci raccontavamo i giorni a venire. I nostri genitori, al calare della sera, ci venivano a raccogliere che eravamo sporchi ma mai stanchi di giocare. E i campioni, nascevano lì o da quelle parti.

Non è il sapore buono delle cose andate. Il mondo cambia, ed è naturale che sia così. Ma lo spazio della libertà nel gioco, oggi, è assolutamente limitato e, in gran parte, istituzionalizzato. L'urbanizzazione, la cementificazione selvaggia e le automobili hanno rinchiuso negli impianti la possibilità del gioco. Non ho mai frequentato una scuola calcio, non ne esistevano; oggi anche per giocare negli oratori devi essere tesserato a qualcosa, altrimenti fai fatica a giocare con gli altri.

Oggi sono presidente del Settore giovanile della Federcalcio e ho davanti a me più di 700.000 tesserati tra i 5 ed i 16 anni e 7000 scuole calcio; al posto degli scarpini vesto un sano pragmatismo attraverso il quale cerco di capire quale è la cosa più giusta da fare. Cosa prendere dal passato per costruire il futuro? Certo le macchine ed il cemento non aiutano, ma forse tentare di recuperare lo spirito originario del gioco, quello sì che aiuterebbe.

L'indicazione che attraverso il Settore Giovanile stiamo cercando di dare ai tecnici delle scuole calcio, è quella di dare maggiore attenzione alla tecnica di base. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un'eccessiva fisicità: fantasia e la libertà di esprimerla, senza rinchiuderla in logoranti schematismi e tatticismi, magari ricreando i presupposti dello spirito originario.

Nella Guida tecnica che forniamo nei nostri corsi, diciamo di variare, a seconda dell'età, il numero dei giocatori e la grandezza del campo da gioco: più palloni un allievo è in grado di toccare, più affinerà la sua tecnica, inventiva e motricità. Ricreare uno spazio di libertà, a misura di bambino. Spesso, sui campi, vedo scimmiottare la serie A e piccoli di 8 anni giocare su campi regolamentari, 11 contro 11, più per soddisfare la volontà dei grandi che le effettive esigenze dei piccoli. Una nuova cultura pedagogica deve essere riaffermata, travalicando quelli che sono i dettami della società regolata dalle leggi di mercato. A partire dai tecnici, passando per i dirigenti e, non ultimi, i genitori.

I principi dell'educazione del bambino non devono essere governati dalla sola logica del successo e del denaro; una logica, questa, che riguarda molto di più gli adulti perché ai bambini interessa divertirsi giocando. E' il tecnico l'apice del triangolo; suo, sul campo, è l'approccio educativo che deve vedere il ragazzo come fine e non come mezzo delle personali ambizioni. Quest'anno, insieme  al settore Tecnico, abbiamo varato due corsi sperimentali chiamati  Uefa C. A partire da questo, il prossimo anno entrerà a regime una nuova figura tecnica che avrà il compito di occuparsi solo dei giovani, un vero e proprio maestro di calcio. Che tenti, con il ragazzo, un approccio a 360 gradi, creando i presupposti per un buon cittadino, oltre che per un buon calciatore. Un progetto pedagogico che veda coinvolti, genitori, società e tecnici; un progetto condiviso che metta al centro il bambino, tanto da allontanare quelle aberrazioni comportamentali a cui, spesso, assistiamo a bordo campo.

Divertimento, etica e tecnica, un'alchimia difficile, ma non troppo. Basta averne od imparare ad averne un po'dentro per riuscirla a trasmettere. Un'ultima parola vorrei dirla ai genitori: serve la voglia di mettersi in gioco, giocando con i propri figli, cercando di non essere solo degli spettatori sugli spalti ed avere la capacità di trasformare lo spettacolo televisivo del calcio in cultura sportiva.

di Gianni Rivera

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